Il biofeedback negli stati ansiosi
Categoria : Il Biofeedback
Qual è l’utilità del biofeedback negli stati ansiosi?
Il biofeedback, in particolare quello termico, si è dimostrato efficace nel ridurre i sintomi d’ ansia: esso insegna alla persona ad indurre volontariamente uno stato psicofisico di rilassamento che si sostituisca allo stato ansioso. Il ricorso a questo trattamento nasce dall’esperienza di Mittelmann per il quale le variazioni affettive negative come l’ansia, la rabbia, l’ostilità, sono accompagnate da diminuzione della temperatura delle dita; la temperatura invece si mantiene elevata quando il soggetto è rilassato. Esiste quindi un rapporto preciso fra tensione emozionale e temperatura delle dita, come fra la caduta della temperatura e l’entità dell’ansia. La temperatura della cute è quindi un indicatore obiettivo del livello di stress del soggetto.
Anche il biofeedback della conduttanza cutanea è stato utilizzato con successo nel trattamento e nella gestione di problemi relazionabili all’ansia e di molteplici problemi e disturbi psicologici e psicosomatici.
Che cos’è l’ansia?
L’ansia, di per sé, non è un fenomeno patologico. Si tratta di un’emozione di base, che comporta uno stato di attivazione dell’organismo, quando una situazione viene soggettivamente percepita come pericolosa. Nella specie umana l’ansia si traduce in una tendenza immediata all’esplorazione dell’ambiente, nella ricerca di spiegazioni, rassicurazioni e vie di fuga, nonché in una serie di fenomeni neurovegetativi come l’aumento della frequenza del respiro, del battito cardiaco, della sudorazione, ecc.
Tali fenomeni dipendono dal fatto che, pensando di trovarsi in una situazione di reale pericolo, l’organismo ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione, per poter scappare o attaccare in modo più efficace possibile, scongiurando il pericolo e garantendosi la sopravvivenza.
L’ansia, quindi, non è solo un limite o un disturbo, ma costituisce una importante risorsa, perché è una condizione fisiologica, efficace in molti momenti della vita per proteggerci dai rischi, mantenere lo stato di allerta e migliorare le prestazioni.
L’ansia, in quanto segnale di pericolo che attiva le risorse individuali, può avere una funzione che favorisce l’adattamento dell’individuo all’ambiente. Quando, però, l’attivazione della risposta d’ansia è continua, eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, allora l’ansia perde la funzione di discriminare tra situazioni pericolose e non pericolose, e diventa quindi patologica e non adattiva; essa può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni.
L’ansia, quindi, diventa uno stato di tensione e di apprensione generalizzata, caratterizzato dall’attivazione di tutte le risorse psicofisiche della persona, poiché scatena un senso di pericolo incombente che deriva da qualsiasi situazione di incertezza o addirittura non ha una causa apparente. Essa provoca un intenso disagio psichico, causato dalla sensazione di non essere in grado di fronteggiare gli eventi futuri.
L’ansia è caratterizzata da sintomi quali tensione muscolare, disturbi del sonno (aumento della vigilanza), tachicardia, alterazione dell’ attività gastrointestinale, aumento della sudorazione, difficoltà respiratorie, tremito, debolezza, aumento della diuresi, diminuzione della secrezione salivare (bocca secca) , difficoltà di concentrazione, irrequietezza, affaticabilità e disagio soggettivo.
La sintomatologia dell’ansia è l’espressione dell’attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico.
In alcuni casi la persona mette in atto dei processi cognitivi riguardanti se stesso o le situazioni in cui si trova ( o potrebbe trovarsi) che innescano e mantengono la risposta d’ansia. Per esempio, nel soggetto ansioso è frequente una sovrastima delle probabilità che si verifichi un evento negativo, anche se questo è poco probabile. Se l’evento negativo poi non si verifica concretamente, questo tipo di processo cognitivo non viene disconfermato, in quanto la persona può ritenere di essere stata fortunata per il fatto che non si sia verificato, o può ritenere che l’essersi preoccupato possa aver prevenuto il verificarsi dell’evento. E’ estremamente utile che questi processi diventino oggetto di riflessione clinica, al fine di poter essere modificati.